domenica 18 aprile 2010

Le mie canzoni

“Vincenzo è vivo”
(Anno Vincenziano)

Santo per fede e per bontà,
col cuore hai sfidato il mondo
per dare all’ultimo dignità,
per dare al povero sostegno.
Coi volontari per le città
e i missionari per la terra,
con le tue Figlie della carità,
porti la novità,
quell’amore che sa
vincere il dolor,
porti fiducia..

Tu, accarezzi l’anima
di chi ormai non piange più,
di chi ormai non spera più:
tu con lui scavi ancor
con le tue mani una via di libertà.
Dove è impensabile,
dove tutto è triste e vil,
porti tu, col tuo amor,
la nuova luce, la nuova luce!

La tua è un’azione di carità,
quella che nasce coi Vangeli,
della Parola tu fai realtà,
senza indugio, senza veli.
Chi ha fame ancora tu sazierai,
chi ha sete ancora disseterai,
chi ha male ancora curerai,
finchè tempo verrà
che ogni uomo sarà
libero con Gesù
di gioire in pace..

Tu, accarezzi l’anima
di chi ormai non piange più,
di chi ormai non spera più,
ma con te crederà nel Nuovo Giorno:
non vedrai più lacrime,
pena non ci sarà più,
il tuo cuor sollievo avrà,
chi ha patito vivrà nella tua luce..
nella tua luce,
nella tua luce!

SD




"Libero di credere"

Tra sacro e profano...anche oggi l'aria mi manca un pò...



Anche oggi l’aria mi manca un pò,
forse perché intorno sento solo parole....
Troppe, per capire la verità
Troppe, per sentire un pò d’amore

Rotola nel vuoto anche l’anima,
forse perché vinta dai sorrisi spenti.
Muore nel mio cuore l’umanità.
No, non è la fame, sono altri gli stenti, ma..

Libero
sono nato libero,
di vivere per correre
e libero
voglio essere libero,
di vivere per credere

Correre e andare anche un po’ più in là
dell’orizzonte fisso fatto dalla gente,
per andare incontro a un'altra umanità
che come lava brucia nelle coscienze.

Credere che un giorno ci si accorgerà,
ci si guarderà l’un l’altro teneramente.
Già conosco il nome di chi accorrerà..
Lui è già venuto e tornerà per sempre!

Libero di vivere
per correre, per credere!
Libero di vivere con Lui!

SD




"Africa"

Bello viaggiare..basta che non sia per fuggire da se stessi...


Forse hai ragione,
è meglio scappare,...
che qui sembra tutto morire.
Dove cercarsi è un affanno volgare,
è meglio senz’altro sparire.

In terre distanti che nessuno saprà,
dove tutto è ancora innocente,
dove l’alba ti sveglia a una vita indolente
e la pioggia è un pianto d’amor..

ma il vento che soffia nell’Africa è dentro te,
..il sole che brucia nell’Africa è dentro te.

Non c’è posto al mondo per riposare,
per vincere un vecchio dolore.
Puoi finire in regioni lontane,
cercar sulla luna o più altrove,

chè se è l’anima ancora più dentro di te
che grida perché vuole amare
affonda il rancore,
a guarire ogni male è l’amore che viene da sé.

Il vento che soffia nell’Africa è dentro te.
Il sole che brucia nell’Africa è dentro te.

SD






"Credi in te"

Un omaggio a Madre Teresa di Calcutta (per la poesia Inno alla Vita) e...un invito speciale a credere in se stessi...


Credi in te!
Credi in te!...
Credi in te!
..riuscirai! ..riuscirai!

Credi in te!
Credi in te!
Credi in te!
..ce la farai! ..ce la farai!

Anche quando dentro scoppia il cuore
e non trovi le parole
per spiegare agli altri cosa c’è.
Anche quando scende lento il pianto
se il dolore ha il sopravvento
sulla fede che non tradirà..

Credi in te! ..la vita è tristezza, vincila!
Credi in te!...la vita è ricchezza, serbala!
Credi in te!..la vita è un’occasione, coglila!
...riuscirai!...riuscirai!

Credi in te!..la vita è tristezza, vincila!
Credi in te!. ..la vita è ricchezza, serbala!
Credi in te!..la vita è un’occasione, coglila!
...ce la farai!..ce la farai!

Anche quando il mondo vile e fiero
con quel fare involontario
nel profondo tI sorprenderà,
per ferirti ancora cuore e orgoglio
e soffocare ogni spiraglio
ai tuoi sogni alla tua libertà...

Credi in te!..la vita è una sfida, affrontala!
Credi in te! ...la vita è una lotta, accettala!
Credi in te!..la vita è un dovere, compila!
...riuscirai!...riuscirai!

Credi in te!..la vita è una sfida, affrontala!
Credi in te!..la vita è una lotta, accettala!
Credi in te!..la vita è un dovere, compila!
...ce la farai!...ce la farai!

Anche quando dubbio e esitazione
ti rifilano paure
e tentenni nel tuo camminar,
ma trattieni forte nel tuo cuore
la tua voglia di ottenere
tutto quello che la vita dà…

Credi in te!..la vita è un’avventura, rischiala!
Credi in te! ..la vita è un mistero, scoprila!!
Credi in te!..la vita è un sogno, tu realizzala!
...riuscirai!...riuscirai!

Credi in te!..la vita è bellezza, ammirala!
Credi in te!.la vita è preziosa, curala!
Credi in te!..la vita è Vita, tu difendila!
...così Vivrai!...tu Vivrai!!
..così Vivrai!!!!

SD





"Presto succederà"

Eh sì...
eh già...

Lascia all’attesa ogni affanno,
presto tutto semplice sarà!
Lascia alla speranza ogni sdegno,
un mondo giusto presto nascerà!

..sulle colline fiorirà,
sulle montagne sboccerà,
dal nostro cielo pioverà
solo amor, solo amore!

A chi compiace lascia l’inganno,
spazio il vanto presto non avrà!
Lascia a chi non merita il passo,
presto tutto si rivolterà!

..e dai vulcani colerà,
dalla terra spunterà,
dalle fontane sgorgherà
solo amor, solo amore!

Presto succederà..
presto succederà..

Lascia agli altri gloria e successo,
sarà l’ultimo che vincerà!
All’invidioso lascia il disprezzo,
ogni valore buono trionferà!

..e dai ghiacciai si scioglierà,
coi nostri fiumi scenderà,
dal nostro mare approderà
solo amor, solo amore!

Non pianger se si muove il malvagio,
presto l’odio senso non avrà!
Alla fede lascia il risentimento,
nuova mitezza presto arriverà!

..e un altro vento soffierà,
un altro sole irradierà,
un’altra luna specchierà
solo amor, solo amore!

Presto succederà..
..presto succederà!

eh sì...
eh già..
.

SD

giovedì 15 aprile 2010

Le mie poesie e le mie riflessioni

A MIA FIGLIA

Ed ora non è proprio un bell’andare

Vita nascosta dov’eri finita?

Che sorpresa!

Nata per amore

da madre poi rapita per dolo ed incoscienza.

Vent’anni mi sembra il tempo giusto

per cogliere la verità

ma fa male , mio Dio,

che male..

quanta amarezza

quanto distacco

quanta ignobiltà infondesti e conservasti per così lungo tempo.

Non tu, dolce anima mia, non tu..

ma quel Diavolo maledetto

che ha incupito il cuore di tua madre

e coperto il dolore degli innocenti

e dei sopravvissuti,

lasciandolo pronto a sprigionarsi

al minimo dettaglio reso conosciuto,

alla prima carta che cade del castello di rimossa memoria.

In una trappola fragile troppo fragile

hai rinchiuso mia figlia e me.

Quanta vita può mancare

quando a un padre manca una figlia..

Vent’anni,

tanto hai atteso

per aprimi in faccia quella porta,

ed io non posso entrare.

Lo sai, maledetto, che non posso entrare.

Il cristallo andrebbe in frantumi.

Con un soffio del tuo alito hai corrotto un cuore di madre,

che nel tempo è diventato vento ed uragano.

Non ti darò soddisfazione,

non farò crollare quel castello,

non varcherò mai quella porta,

non aggiungerò dolore al dolore.

Ma ora tu, maiale, stai attento ad ogni tuo passo,

io con le mie povere mani

e con l’aiuto di Dio

mi vendicherò su di te, solo su di te.

Il tuo ultimo nome

sarà quello che uscirà dalla mia bocca

quando strazierò le tue membra.

Dio me l’ha promesso.

Quando sarai braccato

dalla Giustizia del Cielo

quand’esso spalancherà le sue porte,

quando pioveranno rose del perdono e spade,

sarò io a dissolverti definitivamente.

Nulla resterà di te e non potrai risorgere.

Sarò io a fare questo dono al tempo e all’umanità intera.

Dio me l’ha promesso.

__________ SD






Homeless

Campo di bei sogni,
alla buon’ora.

In avanti nei tumulti indistinti di gente indaffarata e cieca,
alle spalle tra i detriti della mia pelle.

S’alzasse un polverone,
gridavo sempre e grido ancora,
ma s’è già alzato,
ed ora quasi non mi vedo più.

Cosa mi lega alle zolle di questa terra?
Dov’è la spinta che supplico dacché son nato?
Perché arrancano le mie mani
senza che ne incontrino altre
lungo le umane e toccanti distanze?

Sono così importanti i sogni da morirci in solitudine,
ai piedi dell’Albero della Vita,
rischiando perfino che mi si riconosca, dopo morto, come un Uomo
poiché tale, in fin dei conti e all'onor del vero, sarò stato e sono?

Proprio qui,
in questa valle dove ho visto scorrere,
mille volte strabuzzando gli occhi,
un fiume chiaro,
privo degli argini imponenti
dei dimenticati cimiteri
dove anche la Morte è bistrattata,
dove il dolore dei vivi è vigliaccamente delegato al Cielo,
dove l’assenza è concentrata tomba su tomba in un angolo sempre più ristretto,
dove distrattamente ci si può sputare sopra con superbia e ipocrisia,
dove un giorno
per la recata offesa
anche la Pietà imploderà con tutta la sua Gloria e con Potenza a ricercar ragioni.

Alle rive di quel fiume chiaro,
vuoto delle insidie del mio tempo,
vedo nei miei sogni dissetarsi altri esseri umani, giuro!
Uguali a me! Insieme a me!
Li vedo, lì...che pescano!

Nel silenzio d’ogni giorno
di quel fiume e al mio risveglio
ne rimane solo il letto,
dove m’agito sudato ogni mattina,
coperto di altra polvere,
non dovesse mai bastare
quella che trascino dietro da una vita.

Pesa,
sui miei passi
che scalpito faticosamente
all’ombra di me stesso e nella mia follia,
lontano da ogni strada, da ogni cosa e da ogni casa,
sotto un cielo sempre grigio e minaccioso,
dove il sole mi ride in faccia appen si desta
mentre sferza con disprezzo e dolo,
tra le feritoie del perenne crepuscolo,
le poche sottigliezze ormai rimaste al mio coraggio e alla mia pena.

Consumato fino al midollo,
io stesso solco del percorso inciso con violenza sul mio corpo e nell'anima conciso,
battuto caparbiamente sul posto,
affondo in me
colando a picco come una nave fantasma col suo pazzo Capitano
che al centro esatto del suo Io in tempesta
grida ancora, mentre si inabissa in quel che è stato del suo viaggio e con stupore: “Terra! Terra!”.

Anche oggi chiudo gli occhi stanchi sui miei sogni,
dove a volte incontro Dio,
il solo che concede spazio vuoto all’eco
del mio inutile e quotidiano addio.

SD




La necessità del bene



È nel pianto dirotto
da tempo rovesciato
e in orbite secche in cuor d’oro
che pungente t’assale e s’abbandona il turbine

per scuoterti in fondo al futuro
l’urgenza del porgere nell’altro una traccia
del buon che rimane,
pur se sei senza Dio,
del tuo vivere stanco in stanca bonaccia.

SD



Disincanto

Spenti i tuoi occhi e il tuo viso
Coperto il tuo corpo come se lebbra avessi
Sarà fatica liberarti dei tuoi stracci
Che io mai più ti incontri.. amore.

SD







Svegliati, Dio

Svegliati, Dio,
la vita mi è ormai sulle spalle.

Il correre che avanza
solleverà ancora poca polvere,
inutile a mitigare il fango
che ha raggrinzito quanto giusto sia
la pelle, il cuore e l’anima mia.

Svegliati, Dio,
sono anch'io luce bianca
del tuo sogno vivente,
e il passo è fatto,
il dolore è vivo,
la preghiera è matura.

SD



Entropia di un amore

A proposito di tutto ciò che cambia, che si evolve, che va avanti.. si sa,no? che strada facendo qualcosa si perde, per sempre, a livello di vera e propria energia..per sempre; che fine faccia non si sa ma si rende non più misurabile da qualsiasi nostro strumento diagnostico scientifico, di fede e di pensiero.
Sembra non sia vero che nulla si crea, nulla si distrugge e che tutto si trasforma. Questo processo di "spegnimento eterno" che avviene da dentro casa e negli oggetti che la riempiono, da dentro di noi fino ai confini del nostro universo ancora in perenne espansione si chiama entropia...ed io, tempo fa, non me la sentivo proprio di andare a cercare un amore perduto per quelle vie dove tutto è predestinato a continua ed incessante estinzione; sai che strazio vederla lì? e comunque non avrei mai potuto incrociarla, perché io sì, spinto in avanti, verso la luce..e per scelta; lei no, lei ha voltato le spalle a se stessa e all'universo intero, per una scelta intelligente, perché lei è consapevole di quel che sta uccidendo, cioè se stessa...Che tristezza...
Cosa mi ha potuto portare verso lei? Un passato bisogno di entropizzazione di cui volevo anch’io avvolgere e coinvolgere la mia anima.. Ma il sole - che pur si spegnerà del tutto anch’esso, in gran parte compenetrando di nuovo nell'universo, come già sta facendo, in forme diverse, in altra parte perdendo per sempre qualcosa di sè per su quella via dove vige la logica fisica e spirituale che è propria dell'entropia - mi ha indicato con raggio vivo, che forse già adesso non c'è più e che allora era attraente, per me troppo attraente, un’altra strada.
Ma che tristezza però… è la fine di un amore, giunta provocando più danni della morte che arriva di schianto, perchè qui l'agonia è lunga e ugualmente incontrovertibile!



Non avrei altrimenti resa per te,
se non nella cecità del tuo sorriso,
mentre io già vinto alla vita
non posso riconoscerti nella morte.

Non avrei altrimenti resa per te,
se non nel vortice
di trattenuto bagliore
della tua coscienza involta

mentre già vinto al divenire
ora d'altra sostanza ti schivo
e corro in avanti
per non riconoscerti
in tutto ciò che si spegne.
SD




Decantando


Mai desiderato di estinguerti, tu solo e in un solo momento? Adesso? In un attimo? Magari mentre stai vivendo il sogno più bello del mondo? O quando stai subendo del mondo il suo dolore più atroce? Annichilendoti in questa forma suprema di Morte, come se questa si verificasse davvero come un passaggio, come una trasformazione o un chirurgico ribaltamento, non è forse vero che potresti scoprire che della medesima ne sei solo desiderio? Non potresti rivelarti dell’essere e del non essere, dell’avere e del non avere solo speranza? Che sei solo il riflesso inventato, dentro di te soltanto un miraggio, di quella luce che tanto vagheggi? E che se già fossi o divenissi luce (ma sì, dai, che sei luce!) lo sei in una notte di cui non hai ancora capito niente? Ma se non hai ancora capito niente di questa notte dove vivi e muori come neve notturna che rigurgita al sole del primo mattino come potresti mai esserne la Luce?


Sciolto
d’assenza
nell’infinitesimo,
nemmeno un tonfo
nel sogno leggiadro.
Più greve il desio
nell’evanescente
che il netto contrasto
tra io tutto
e io niente. SD




AGLI UMANI DIAVOLI

Voi bruciate dei cuori,
voi fiumi ciechi, instabili e brevi,
tizzoni striscianti di magma indecente.

Disconoscete la gioia e il dolore,
la passione delle parole
col capo girato allo sguardo innocente.

Bucate i denti al sorriso,
cucite gli occhi all'amore.

Non smetteremo mai,
a voi nati informi e incolori,
di trapassarvi la schiena
coi raggi più chiari
miranti la stella inalante e splendente
che non scorgerete
e non sentirete

voi che schivate,
con gusto e ironia,
la prova del vero,
del vivo
e la via.

Noi nella luce ci si ritrova,
noi cuori arsi al falso candore
dei bari, dei vinti, di chi si divora
brucando nei frutti più brulli in stagione.

Voi sotto incupiti,
piegati
e a tentoni.

Vi scorticherete
con sputi ed offese
al sole interrato
che voi soli,
sommessi,
vedrete.

E chi altri,
ancor vittima ignara,
vi crede e vi insegue?
SD



A VOI MEDIOCRI…

Maledetti voi,
schiera di voci ubriache d’infamia,
rovi di stolta indolenza,
strepitio saltellante nel primordio latente dell’insignificante.

Maledetti voi,
molli al superfluo e al banale,
che con spento intelletto sputate sulla natura dell’uomo
di cui siete specchio deforme e distante
senza mai luce,
senza ristoro.

Maledetti voi,
meschini dell'inconcludente,
che tristi umiliate lo spirito in terra
da cui amate, crogiolando, distinguervi
pur non essendo e senza sapere un bel niente.

Voi..
maledetti..

sempre pronti a svilire il divino
per esaltare appena allo scorgere,
nel deprimente di stagni mentali,
l’offesa del poco e l’arretratezza
di genuflessioni rivolte impotenti all’indietro e nell’ombra,

attratti, poveri voi,
nell’inerzia del genio
che di voi non si cura,
che di invidia stordisce.

Maledetti voi,
stupide piume senza vita,
cadute in terra per un levare ed un battere,
per un guizzo in colore,
per un taglio di pietra in bellezza,
per un verso d'odio,
per un’ode in amore

voi..
bocche fumanti di vacuo,
voi..
senza nidi nell’anima,
senza orizzonte.

Voi!..

..che voi vi smarriate oltre ogni confine,
voi buchi neri dell’intelligenza!

..che voi periate per sempre nel limite,
voi capostipiti dell’umana indecenza!
SD



NON C’è TEMPO (Festa di Capodanno)

Non è un orologio
che può impormi risa e canti
o svegliarmi ad una voglia,
ad un bisogno
o ad un sogno.

Non è la luce ostentata dalle città
e dalle vie normalmente più nascoste
a potermi far da stella, adesso.

Piuttosto è la tristezza di certi volti
che pare in eterno scolpita
e i loro cuori che di nuovo stralunano al frastuono
e che ancora non comprendono cosa accada;
piuttosto sono loro,
come in altro tempo,
a potermi dire se qualcosa sta finendo
e cosa sta iniziando.

Meglio la distanza,
da questo fuoco fatuo,
meglio attendere come da sempre
di ridestarsi a un rinnovato sole
che morire come al solito,
di nuovo,
senza mai sperare nuove.

E non c’è tempo..

non c’è tempo in cui possa misurarmi,
se non quel che batte in me d’amore e di continuo
e che s’assenta ad ogni ritrovato mio sollievo.
SD


VERSO LA LUCE

Ci sono attimi in cui la natura sembra riflettere l’infinità spiritualità di Dio. Capita a volte di vedere in cielo ammassi di nuvole che pare debbano sprigionare, da un momento all’altro, immense energie, o che celino, nella loro consistenza, minacce di Giudizio Universale o le Porte della Verità. E ci sono paesaggi dove l’azione dell’uomo inconsapevolmente contribuisce a disegnare in apparenza un altro mondo, nel buio e nella luce. Capita raramente di potersi giovare di tali stupefacenti richiami, sicuramente ne possiamo essere ispirati alla visione se non rifiutiamo quegli stati d’animo che seppur malinconici, a volte struggenti, ci rivelano quell’innata speranza di un contatto divino a cui aspiriamo profondamente in ogni attimo della nostra esistenza. Che questa Pasqua sia ispiratrice per tutti affinché ci si muova nel primo passo, o si prosegua con ancor più fede, nel viaggio verso la Luce.

Siamo noi la Luce
Buona Resurrezione

SD



I rom dai colletti bianchi


Se fossero i Rom a rapinare le banche della nostra regione – e le rapine avvengono in pratica tutti i giorni, con un morto o un ferito che ci scappa ogni tanto, con pochi arresti e una “piazza” sempre più appetibile - forse risolveremmo anche questo tipo di problema delinquenziale. Lo affronteremmo a muso duro, così come si sta cercando di risolvere il problema, più sociale che delinquenziale, degli abusivi delle case popolari di Pescara o come si è cercato di risolvere quello sia delinquenziale che sociale delle sanguinose risse del teramano. Se fossero i Rom, a minacciare con taglierini e pistole gli impiegati delle nostre banche, ad assaltare i supermercati e le gioiellerie, basterebbe prenderli a calci nel sedere. Ma qualcuno si ricorda della banda di Rolando Battestini e Massimo Ballone? Tutti abruzzesi, coloro che vi facevano parte, gran parte pescaresi, poco o per niente a che fare con i Rom. Qualcuno, allora, riferendomi ai fatti di Alba Adriatica, ha forse cercato di farsi giustizia da sé, dopo aver subito qualcuna di quella lunghissima e sanguinosa serie di rapine ed estorsioni? No. Anzi, paradossalmente, arcana e profonda serpeggiava, tra gli impotenti spettatori delle criminali scorribande fatte anche di evasioni e scapestrate latitanze, perfino un sentimento di ammirazione per chi ne era protagonista. Come succede in Sicilia per i mafiosi. Allora viene da chiedersi se quella connotazione culturale che modella la convivenza sociale nelle terre delle Sud e che proibisce alla gente, investendola di complicità apparentemente involontaria, di andare a caccia di mafiosi e camorristi per prenderli a calci nel culo si possa riscontrare anche qui da noi. Questo non per dire che siamo terra di mafiosi (poco ci manca) ma per ribadire che dietro le reazioni di una comunità a fatti criminali c'è sempre di mezzo, oltre che quel sentimento generale fatto di paura o di vendetta, una questione culturale connaturata. Nel Mezzogiorno è soprattutto il timore della ritorsione a dettar legge, oltre che l'effetto della cronica assenza di uno Stato incorruttibile e all'altezza del contesto, mentre qui in Abruzzo a mancare sembra che sia una personalità civile all'altezza dei fatti o, peggio, una rettitudine morale davvero radicata interiormente. Si estrapola dalla scheda di un film tratto da un libro autobiografico di Massimo Ballone: “Rapine, assalti a portavalori e ai treni, colpi in banca dentro e fuori l’Abruzzo. E poi ristoranti, auto di grossa cilindrata, motociclette, la barca al molo, il tavolo fisso al Lenny, gli amici coi cognomi famosi, le passeggiate al centro di Pescara meta inaccessibile per quelli di San Donato senza un soldo in tasca, e la pistola”. Per qualcuno può essere interessante, no? Per altri finanche affascinante. “Tre zingari ubriachi massacrano un giovane di Alba”. E no! Questo è intollerabile. Che si uccida (o si rimanga uccisi) per inseguire sogni di bella vita ci può stare, essere uccisi (o uccidere) in una lite e per di più da un rom ubriaco, non è accettabile. Quasi quasi è la dignità della vittima a perderne. L'ubriachezza per la legge è un aggravante, ma lo è anche essere uno zingaro? Il titolo riportato è di un quotidiano abruzzese, uno tra i tanti che anche in tempi meno sospetti, cioè quando gli zingari rom stanziali mai hanno manifestato la loro antica difficoltà a socializzare col mondo in un modo così assurdo e brutale (si spera siano, quelli teramani, due casi isolati) hanno alimentato quel razzismo che oggi sta esplodendo in tutta la sua veridicità e drammaticità in ogni angolo del Paese, ovviamente sollecitato da una politica di destra “fattiva” e dalla conseguente e compiacente opera mediatica di gran parte dei più importanti e incisivi mezzi di informazione nazionali. Occorre dirlo, che se si sta reagendo così alle difficoltà che abbiamo noi maggioranza verso le minoranze non è perché c'è scappato il morto ma è per quella vecchia questione culturale. In realtà, infatti, riferendomi agli sfratti di Pescara, si tratta della solita intolleranza che straripa anche per via dalla totale mancanza di politiche sociali adeguate che ne possono invalidare le già fragili giustificazioni. Mentre nell'altro caso, quello teramano, emerge spietato un disumano sentimento di vendetta che con la collera accumulata per fatti già accaduti e interpretati dai mass-media ad uso e consumo di chi ci governa, diventa una cosa sola. Va da sé che al momento dello shock emotivo - che nessuno tra le forze dell'ordine, ad Alba, ha saputo preventivare con tempestività, quasi a voler far scorrere gli eventi come condivisibili nelle motivazioni e negli effetti – il sentimento di vendetta possa essere esploso così incontenibile.
La banda Battestini non c'è più e non sono i Rom a far le rapine in Abruzzo, all'arma bianca, con la pistola o con le subdole azioni di coloro che di bianco hanno solo il colletto e che la bella vita la conoscono da sempre e senza colpo subire. “D'altra parte – dice Fabrizio De Andrè, cantautore letterato finalmente accolto nelle nostre scuole - i Rom si difendono come possono. Si sa bene che l'industria ha fatto chiudere diversi mercati artigianali. Buona parte dei Rom erano e sono ancora artigiani, lavoratori di metalli, in special modo del rame, addestratori di cavalli e giostrai, tutti mestieri che purtroppo sono caduti in disuso. Gli zingari rubano, è vero, però io non ho mai sentito dire, non ho mai visto scritto da nessuna parte, che gli zingari abbiano rubato tramite banca e questo a me pare sia un dato di fatto".
SD

[pubblicato sul periodico ortonese Il Cittadino nel dicembre 2009]





“Il figlio è mio e me lo gestisco io”. Potrebbe essere il nuovo slogan per la famiglia di oggi dove capita che manchino valori, vi sia carenza di un affetto libero dagli egoismi e dalle paure personali e si fugga dalle responsabilità civili ed umane che soprattutto i genitori devono avere nei confronti dei figli che, nel bene e nel male, sono “altre persone” e non un loro indistinto prolungamento o, peggio, considerabili senza capacità di pensiero e di scelta mentre ci si illude, come Dio in terra, di poterli crescere liberi dall’errore e invincibili.
Tra genitori e figli è generato per trasmissione lo spirito, secondo una delle ultime conclusioni della teologia laica; nel figlio lo spirito è naturalmente distaccato dal nucleo originario, ed è “unico, originale e irripetibile” come lo è, nella sua multidimensionalità, l’identità di ognuno rispetto a tutto ciò che lo circonda. Questa nuova persona nasce espressione irriducibile di libertà e scrigno di intoccabile sacralità. Succede invece che in forme morbose e perverse, talvolta patologiche, o anche per disperazione sorta in seguito allo svilupparsi di situazioni in cui ci si scopre impreparati o incapaci, il bene di un genitore ricada, è il caso di dire, in maniera disastrosa sul figlio. Questo può accadere, per esempio, quando il figlio si distanzia dalle aspettative dei genitori prendendo la strada della droga. Spesso, ma molto spesso, coloro che maggiormente condannano l’uso di droghe o l’abuso di alcol sono gli stessi genitori che ne hanno involontariamente, o con dolo, incoraggiato l’uso nei figli, disconoscendo al contempo ogni responsabilità.
Anche nei figli, crescendo, matura una responsabilità nei confronti di chi li ha messi al mondo, ma se il buon esempio non viene dai più grandi è facile che i piccoli non trovino nulla di meglio da imitare. Se un genitore ogni mattina non si pone allo specchio chiedendosi: Come li sto trattando i mie figli? Li sto amando, li sto rispettando, li sto capendo, li sto aiutando? sarà difficile che si cresca insieme nel rispetto dei ruoli e per il bene della famiglia. A volte, al contrario, succedono tragedie. Come quella di Sulmona del 25 agosto, quando Vincenzo Marruccelli, 53 anni, uccide la figlia Irene, 25enne, tossicodipendente, sparandole in testa. La prima udienza del processo ci sarà il mese prossimo. “Non meriterebbe nemmeno un giorno di carcere”, disse don Antonio Lattanzio al funerale della ragazza, “sono gesti inconsulti dettati dalla stanchezza della mente e da una situazione diventata insostenibile”. Ma quella ragazza avrebbe potuto avere nel tempo, per destino o per grazia di Dio, la possibilità di cambiare. Il padre, come un Dio, gliel’ha tolta. “Una figlia che devia così tanto dagli schemi - commentò Eide Spedicato Iengo, docente di sociologia alla D’Annunzio - può produrre un autentico terremoto psicologico. Il primo interrogativo di un genitore è di non essere riusciti a trasmettere ai figli quei sistemi di riferimento comuni”. Il 15 giugno del 2008 Giancarlo Venturi, 75 anni, di Bologna, uccide il figlio Giacomo 23enne, tossicodipendente, con cinque colpi di pistola in petto. Andando un po’ più in là nel tempo, il 6 maggio 1997, alle porte di Roma, Michele Liaci, di 65 anni, uccide la figlia 34enne, tossicodipendente, con un colpo di pistola alla nuca. Il figlio è mio e me lo gestisco io.
Ma se stiamo parlando di mancato controllo dei figli e di “soggettivo” impedimento all’esercizio innaturale del possesso da parte dei genitori, così come la vedo io, c’è da aggiungere che un figlio può sfuggire agli effetti benefici dell’amore genitoriale anche involontariamente (semmai possa chiamarsi scelta, in giovane età, quella di drogarsi) per imbattersi poi in quelli malefici, magari perché si ha problemi mentali. Nel marzo scorso Vincenzo Raimondo, 77 anni, uccide il figlio Vincenzo 37enne, cresciuto in salute ma poi divenuto disabile psichico, a fucilate. Siamo nel teramano. Nel 2003 Salvatore Piscitello, medico romano, uccide il figlio autistico, ma è stato graziato dal Presidente Napolitano e nel ringraziare ha parlato di un compenso “alle negligenze delle istituzioni sanitarie che per tanti anni ci hanno lasciato scivolare sempre più nella disperazione”. È colpa degli altri o il figlio è mio e me lo gestisco io? È notizia del mese scorso che anche Calogero Crapanzano, di Palermo, condannato a nove anni e quattro mesi per aver ucciso il figlio autistico chiederà la grazia. Ma sì, assolviamoli tutti, facciamo che se uno crea problemi lo si può eliminare, più o meno come si faceva durante il nazismo. Assolviamo, allora, anche Vincenzo Marruccelli, che quella mattina di agosto uscì di casa con una pistola in tasca senza poterlo fare e che subito dopo l’omicidio, stando ai giornali, chiamò per primo il suo avvocato di fiducia, chiedendogli come doveva comportarsi. Non mi pare fosse stato un raptus, e poi cos’è un raptus, in casi come questi, se non uscire in un minuto fuori dalle regole dell’amore, della convivenza civile e dai comandamenti di Dio? Che tu padre ti scopra incapace di sostenere il peso del tuo fallimento o ne temi il giudizio altrui, o non sopporta la tua sofferenza (e non importa, di fronte alla sacralità della vita, di che stampo sia questa, da chi causata e perché) in ogni caso uccidi soprattutto in quanto ti manca il coraggio e l’onestà di riconoscere che i tuoi figli non sono “tuoi” ma sono “altre persone”, anch’esse, come te, espressione unica, originale e irripetibile della natura umana e di Dio, persone alle quali sei legato da abitudini, sentimento e qualche somiglianza, ma nulla di più.
SD

[pubblicato sul periodico ortonese Il Cittadino nel gennaio 2010]




La 'parte oscura' di ognuno di noi - Tra pedofilia, uomini e Chiesa


Tra pedofilia, uomini e Chiesa

Per trattare di pedofilia si può partire da una premessa, utile perché ci si possa sentire tutti responsabili di quanto accade da sempre ai bambini (anche ai tempi di Gesù Cristo quando l’uso sessuale dei minori era legittimamente tollerato). Anzitutto rileviamo, attingendo dal sito www.altrodiritto.unifi.it e in una prima lettura socio-antropologica, che “la pedofilia viene definita un ‘pervertimento sociale’, un comportamento cioè che si qualifica come perverso solo in alcune società e in alcuni periodi storici mentre in altri costituisce un comportamento assolutamente normale”. In una seconda lettura di tipo clinico la pedofilia è messa in correlazione alle perversioni, dando particolare rilievo alla dimensione psichica “inconscia” e al vissuto infantile. Il pedofilo risulta essere oggi “un uomo di mezza età, professionista (magistrato, medico, avvocato, docente universitario, uomo politico), appartenente a ceti sociali medio-alti, con un buon livello di istruzione, stimato e ben inserito nella comunità nella quale vive. Generalmente non è coniugato, e se lo è conduce una vita matrimoniale insoddisfacente”. Non so perché tra le “professioni” elencate non vi sia quella dei preti (visto che capita, nemmeno tanto raramente, che la vocazione non si riveli all’altezza del ruolo connesso ma a quello, appunto, molto meno spirituale di un lavoro come un altro; si pensi per esempio a un parroco oggi più vicino alla figura di un amministratore che a quella di un missionario tra la gente) a meno che li abbiano implicitamente compresi tra i non coniugati. Tralascio il discorso di un ipotizzabile abbandono del celibato nel sacerdozio, perché qui non si intende dare giustificazione ad alcuno, al contrario si vuole far capire che è vero quanto invece scrive, col solo buon senso e in barba a molti degli studi normalmente diffusi, un tal Vincenzo Verducci, di Trento, un signore che ha la terza media ma con la passione di scrivere e che collabora come articolista con lo staff del sito www.amando.it, rivista web dove appaiono come collaboratori anche alcuni psicologi ed esperti d’altri campi. Il signor Verducci sostiene che “la pedofilia è un comportamento deviante della psiche umana che coinvolge tutti gli individui, nel senso che ognuno di noi può esserne soggetto, senza distinzione di razza, cultura e religione”. Fatta questa lunga premessa, ora mi è certo più facile invitare il lettore ad un’analisi obiettiva del fenomeno, perché dare oggettività a ciò che si osserva libera da preconcetti ma soprattutto svela allo stesso osservatore quanto gli può appartenere di quel che sta valutando. Può succedere che così facendo possano emergere le varie complicità di cui tutti noi possiamo essere protagonisti nel momento in cui, per esempio, volgiamo lo sguardo altrove quando vediamo un adulto accarezzare un bambino in modo “strano” con un gesto di cui avvertiamo al contempo sia la stranezza - scoprendo in noi, pertanto, la capacità di identificarci in quell’adulto - sia l’aspetto ripugnante per cui si può preferire, come nell’esempio fatto, girare lo sguardo; non tanto per ribellione al gesto in sé quanto perché quel gesto, risalendo dall’inconscio, l’avremmo potuto riconoscere in quel caso anche come nostro, normalmente da respingere. Ecco, si abbia il coraggio di accettare questo, cioè che “oltre ogni giudizio - come afferma Elisabeth Roudinesco, psicanalista e storica di fama - la perversione rappresenta la parte oscura presente in noi, è lo specchio dei nostri desideri più inconfessabili”. Così facendo potremmo meglio reagire contro l’onnipresente diffondersi di un fenomeno violento che non ha tempo e che una volta subito può devastare l’intera esistenza. Ma voglio andare ancora oltre, poiché può benissimo accadere che attraverso la lettura di questo articolo un qualsiasi lettore possa riconoscersi come un potenziale pedofilo. Stiamo calmi, voglio dire, cioè, che per osteggiare frontalmente il fenomeno occorrerebbe formare una nuova coscienza generale, in un passaggio cui ognuno ha il dovere morale (ma parlo di una moralità vera, sentita) di partecipare agendo prima di tutto sulla propria coscienza, in modo da potersi correggere in tempo utile qualora scorga una qualsiasi sua fragilità in proposito, poi come parte della coscienza generale che così evolvendosi sarà in grado di reagire nella giusta misura se testimone di nefandezze di tal fatta. Credo che un percorso del genere faccia e debba far parte del cammino dell’uomo e sia fattibile anche in una società quale la nostra dove la moralità ancora la si eleva soprattutto per coprire le proprie vergogne e non come forza interiore conquistata nel tempo con volontà e col sostegno della ragione che sempre prevale sulla “parte oscura”; fino a poter mettere tal forza morale a servizio degli altri nella luce più limpida e chiara. Per tutto questo ritengo valido ricorrere al Vangelo per spiegare cosa sta accadendo (ma ormai da due millenni) nella Chiesa, la Sposa di Dio, laddove Gesù Cristo dice che è bene che accadano gli scandali. Così come ritengo però un rovinoso inciampare, da parte della Chiesa, aver usato le parole del Messia solo per giustificarsi, come sembra aver voluto fare, o l’essersi messa nientemeno a confronto sui numeri, come di certo ha fatto, calcolando tra Stato e Stato (Italia e Vaticano) chi ha violentato più bambini in un dato periodo. È stato un incespicare che allontana di molto dalla meta (e dalla Chiesa) e che ci ha messo tutti, uomini credenti e non credenti, di nuovo alle pendici di un burrone profondo quanto profonda può essere la coscienza (con la sua parte oscura) in ognuno di noi.
SD

[in uscita sul quindicinale ortonese Il Cittadino]